Le due gentili pulzelle, entrambi bionde e debitamente fornite di curve come da tradizione teutonica si chiamavano Rosie e Jutta, entrambi di Colonia. Nonostante le apparenze, non erano esattamente di primo pelo, erano infatti entrambi separate con un figlio e raccontavano che abitualmente facevano una settimana in Grecia ed una in Spagna. Ma che preferivano la Spagna.
Mentre ascoltavo le chiacchiere delle due tedesche, la mia attenzione venne attratta da una ragazza mora, evidentemente non tedesca, che serviva ai tavoli. Non molto alta, diciamo sul metro e sessanta, capelli molto lunghi e scuri e un seno non molto grande. Un sorriso fantastico e, cosa che non fece altro che distrarmi tutta la serata, uno stupendo mappamondo, medio-grande, incorniciato da un piccolo perizoma, ben visibile sotto i pantaloni elasticizzati.
Lei dopo qualche minuto, accortasi che la stavo guardando, iniziò a ricambiare gli sguardi. Dapprima senza sorridere e alla fine della serata con qualche timido accenno di gradimento. La piacevole serata finì senza scossoni, ci demmo appuntamento con le due tedesche per il pomeriggio al mare.
La mattina dopo, verso le nove e mezza, scesi in spiaggia da solo. A quell’ora Luigi dormiva ancora profondamente. Stesi il mio asciugamano e tirai fuori il mio libro. In spiaggia solo qualche maratoneta da spiaggia, bambini e molti anziani con le camicie a fiori. Insomma, niente di interessante. Invece, dopo neanche dieci minuti, un’ombra si piazzò tra il sole e il mio libro e non potei fare a meno di alzare lo sguardo. Era lei, la cameriera dell’hotel, che mi sorrideva come non mai. E in costume, devo dire, contribuì non poco ad aumentare il mio livello ormonale.
Stese il suo asciugamano vicino al mio. Avevamo qualche difficoltà a comunicare, lei conosceva solo lo spagnolo, qualche parola di italiano e basta. Io un po’ di inglese. Dovevamo trovare un modo di comunicare un po’ più immediato. Lei poi aveva una voce profonda e quell’accento molto sensuale tipico delle spagnole. Gli feci capire che avevo caldo e volevo fare un bagno.
Lei approvò la mia idea mi fece capire che l’acqua era sporca in quel posto e che se avessi voluto mi avrebbe portato in un posto lì vicino dove il mare era più pulito. Ci incamminammo a piedi e a mano a mano riuscimmo ad intrecciare qualcosa di simile ad un discorso. Lei si chiamava Mercedes ed era di Palencia, una piccola città di provincia della Spagna. Lavorava l’estate sulla costa per arrotondare il suo lavoro di commessa. Aveva ventotto anni ed era una ragazza madre. Per un mese l’anno doveva lavorare sulla costa lontano dal figlio di cinque anni. Non male per due persone che si capiscono a malapena.
Arrivammo in una piccola spiaggia, abbastanza isolata, dove c’erano solo poche coppie. Ci immergemmo immediatamente in quell’acqua color smeraldo. Era salatissima e gli occhi mi bruciavano un bel po’.
Iniziai a schizzarla un po’ e lei iniziò a divertirsi molto. Poi iniziai a sfiorarla e ad accarezzarla. Lei non si ritraeva. Anzi. Dopo una mezz’ora, esausti, ci sdraiammo sul bagnasciuga, a farci cullare dalle onde.
2 - Continua